Freexed amarcord, il vintage è la nuova frontiera.

amarcord, bici vintage e radici

Da sempre, la moda si è ispirata alle tendenze passate, ed oggi, come non mai, il vintage è la nuova frontiera.

Questo accade più o meno per ogni cosa, a cominciare dall’alta moda che ci presenta ogni anno  nuovi capi che strizzano l’occhio al passato, al vecchio comò lasciato ad ammuffire nel garage, poi regalato per disperazione ad un amico  che ne apprezzava il valore, da prima che l’artigianato diventasse di tendenza, e che oggi lo mostra con orgoglio nel suo soggiorno, il vintage è la nuova frontiera.

E come non menzionare il game boy? Incredibile ma vero, siamo tornati a giocarci.

E che dire della mitica fiat 500! Chi non ricorda quel vecchio rottame parcheggiato sotto casa, che tutti deridevano a fronte dei nuovi sgargianti modelli esteri di automobile dell’era moderna? Oggi ne vediamo una versione rinnovata, ma che mantiene le linee dell’auto che è stata il simbolo del benessere italiano e anche dell’orgoglio nazionale come made in Italy.

Insomma, è proprio così… le mode ritornano sempre. Il vintage è la nuova frontiera.

Questa necessità spasmodica di modernità, la voglia di emergere mostrando al mondo il nostro essere sempre al passo con i tempi, la voglia di essere identificabili in un gruppo ristretto di appartenenza, si scontra  con una nuova cultura, che strizza l’occhio al passato, alla semplicità, al recupero di oggetti del passato. 

Me lo sono chiesto molte volte: perché le mode strizzano l’occhio al passato? 

Di certo, per quella istintiva ricerca della sicurezza, per quel  senso  di stabilità che non gradisce i rapidi cambiamenti e che ci possa invece accompagnare, lungo la nostra vita, aiutandoci a mantenere viva la memoria, ad aggrapparci alle origini, o semplicemente a sentirci  unici davvero, originali e senza tempo.

Io, il mio salto nel passato, l’ho trovato in una bici a scatto fisso che è sempre stata sotto i miei occhi.  

La prima scatto fisso, non si scorda mai.

Sulla bici, passavo intere giornate, d’estate, correndo tra le vie strette dei “Sassi” di Matera. Avevo la mia bici, una mountain bike 24, con il cambio Shimano e dai colori vivaci. Nonostante tutto, io non volevo quella bici, ma quella che vedevo nascosta dietro i mille scatoloni segregati nel dimenticatoio del garage; una bici da corsa, cui mio padre teneva moltissimo e non voleva assolutamente che la toccassi né ovviamente che la guidassi.

Quel 15 agosto del 92, quando tutti erano al mare e mio padre in campagna come al solito, decisi che era arrivato il momento di provarla, consapevole del rischio che correvo se mio padre se ne fosse accorto, e sicuro che la sua sgridata, alla scoperta della mia “marachella” si sarebbe sentita echeggiare in tutto il quartiere (fino alla “Gravina”), ma non mi importava e volevo correre il rischio.

Ero attratto da quella “scatto fisso” dimenticata e abbandonata, sentivo dentro un fuoco, la voglia di guidarla mi faceva sentire grande.

Purtroppo non riuscii a dare sfogo a quella voglia di libertà, mio padre rientrò a casa e, come da previsione, si arrabbiò così tanto che decise di regalarla allo zio Michele.

Molto tempo è passato da allora, vivo a Roma ormai da 15 anni, di quella bici non ho mai saputo più nulla, ma ho sempre conservato il rimpianto di non averla mai potuta usare.

É libera la mia voglia di scatto fisso.

Nulla accade per caso…

Qualche anno fa, mi ritrovai a guardare un film fantastico, uno spaccato d’Italia, uno dei capolavori della cinematografia italiana: “Nuovo cinema paradiso“, film di Tornatore, colonna sonora di Ennio Morricone

Non potevo non notare la bici del buon vecchio Alfredo, il proiezionista del “cinema paradiso”, che mi ha fatto ripensare a quella di mio padre. Proprio in quel momento sentii riaffacciarsi prepotentemente la voglia di possedere quella bici.

Me ne feci regalare una per il mio compleanno, molto simile.

Una volta messa su strada, notai subito che era leggerissima. Guidandola mi accorsi che non aveva i freni; forse per questo mio padre era tanto preoccupato che la guidassi!

Montato su, in un attimo mi resi conto che era tutto un altro mondo. Non era una bici come quelle che conoscevo io; non solo non aveva i freni, ma i pedali non si fermavano mai e non potevo non pedalare! La frenata, invece, avveniva bloccando i pedali ed eseguendo una sgommata con la ruota posteriore a destra e sinistra, fino all’arresto della bici.

Aveva colori sgargianti e si faceva notare per il suo stile unico: era una “bici a scatto fisso”, conosciuta come fixie, o fixed gear. Qualcuno mi dice che è la bici degli hipsters, io so solo che è la “mia” bici, unica ed inconfondibile, la compagna di ogni momento in giro per le vie di Roma. Con lei mi sento libero, felice.

Ma per me la bici non è solo questo.

É un salto nel passato, il mio appiglio per rimanere legato alle radici, alla mia terra, a mio padre; allora è vero, le mode ritornano sempre e ci aiutano ad andare avanti, consapevoli che quello che siamo oggi è il frutto della nostra storia personale, familiare, che ci tiene legati ai valori tradizionali e che ci legano stabilmente alle radici.